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Inauguro così la mia rubrica “Film vs libri“. Lo so, a volte può sembrare scontato perché “tanto il libro è sempre più bello”, ma per me non sempre è stato così ed inoltre amo parlare delle differenze e quant’altro, quindi ecco qui la rubrica.
Oggi inauguro la sezione con “Storia di una ladra di libri“. Dopo poco che ho finito di leggere il libro (per la recensione clicca qui), ho voluto subito guardarne il film, mi piace cercare di farlo il prima possibile, per notare così meglio ogni singola differenza.

Il film esce nel 2013, a differenza del libro, datato 2005. Il regista è Brian Percival e vediamo una bellissima e giova Sophie Nélisse nei panni della nostra Liesel, la protagonista.

Siamo nel 1939, in Germania. Liesel sta facendo un lungo viaggio con sua madre ed il suo fratellino più piccolo, che purtroppo non arriverà mai a destinazione: non è riuscito a sopravvivere al viaggio. Il giorno del suo funerale, Liesel scorge un piccolo libro nella neve e lo ruba. Poco le importava che cosa riguardasse quel libro, le bastava averlo. Ed è così che inizia la sua carriera da ladra di libri, in un’epoca in cui esserlo era un vero e proprio rischio alla vita poiché li ruberà anche nelle occasioni meno adatte e pericolose.

Con il suo nuovo libro accoglierà la nuova vita, assieme alla famiglia adottiva al quale è stata affidata. Il suo Papà le insegnerà a capire le piccole scritte presenti all’interno di quel manuale rubato e grazie a lui capirà l’importanza della lettura.
Tutto cambierà quando accoglieranno nella loro cantina un ebreo: per Liesel questo vorrà dire ridimensionare il suo modo, mantenere un segreto troppo grande per una bimba così piccola ed ampliare i suoi orizzonti, che è proprio quello che la Germania nazista cerca di evitare.

Il film, preso singolarmente, quindi senza alcun paragone con il libro, è un bel film. Agli amanti del genere e di quel periodo storico, sicuramente non può non piacere. Una pecca, che ho notato fin da subito, dai primissimi secondi, è un errore, penso, prettamente dovuto al doppiaggio italiano. Mi riferisco al fatto che la morte, che è il nostro narratore, ha una voce maschile, ma parla al femminile. Sebbene io mi fossi immaginata che fosse appunto donna, non sarebbe stato fastidioso avere la voce da uomo, ma il problema sussiste nel momento in cui parla al femminile. È bizzarra come cosa e fa anche un po’ ridere. La voce è anche bella per questo ruolo, profonda, dura e dolce quando serve, ma così ha rovinato di molto l’effetto che risulta a tratti un po’ ridicolo.

Lo sviluppo della trama è ben fatto, anche se ci sono alcuni dettagli che vengono compresi molto meglio se si ha alle spalle la lettura del romanzo e senza quest’ultima vengono un po’ persi come se fossero dei banali dettagli, il che è un peccato, anche se ovviamente, riassumente tutte quelle pagine di romanzo in due ore, non è un’impresa da poco, quindi ci può stare, ai fini della storia le cose fondamentali sono tutte presenti.

Sophie Nélisse nei panni di Liesel l’ho trovata molto nelle corde, era proprio come me l’ero immaginata, un’ingenua bambina che si ritrova in una realtà in cui nessun bambino dovrebbe mai trovarsi. E’ smarrita e persa quando si ritrova catapultata in un altro mondo, in casa con persone sconosciute. Stessa cosa vale per Geoffrey Rush, nei panni di Hans Hubermann. Il calore trasmesso da questo personaggio non ha eguali. Mi sarebbe piaciuto che avessero mostrato anche nel film il fatto che è stato lui, con enorme devozione, ad insegnare a Liesel a leggere e scrivere. Tuttavia questo fa parte di quei dettagli che dicevo prima, non fondamentali ai fini della storia, ma comunque gradevoli e purtroppo sacrificati per la durata del film.

Molto attinenti sono state le ambientazioni ed i costumi scelti. Parlando degli anni ’40 e di una realtà difficile, hanno trasmesso a pieno l’ansia, la paura che si poteva respirare in quelle strade, in molte scene l’inquietudine era palpabile, come se ci si ritrovasse lì, con loro.

Un’unica pecca mi viene in mente, riguardo alle ambientazioni, al fatto che sono stati forse un po’ troppo dolci nel mostrare alcune situazioni. Si parla della seconda guerra mondiale, di bombe lanciate su intere città e popolazioni. Non amo cose troppo sanguinolente o impressionanti, ma nel film in alcune scene dove venivano mostrate città bombardate da poco, si vedevano corpi totalmente intatti, privi di vita, ma pur sempre intatti, con tutti gli arti, senza ferite e senza graffi. Non è troppo verosimile, piuttosto era meglio non mostrare nulla e alludere solamente, secondo me.
Alcuni dettagli a parte, il film è ben fatto e preciso. Non si può guardare questo film e non rimanerne scossi.


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