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Chi mi segue da un po’ ormai l’avrà capito. La mia autrice di thriller psicologici preferita, insieme a Wulf Dorn, è senza dubbio Brenda Novak! Dopo “Alaska” e il suo seguito “Hanover House“, inganna l’attesa del prossimo seguito con il suo nuovo libro, fresco di stampa, “La ragazza scomparsa“, edito da Harper Collins, che mi ha omaggiata di una copia, tradotto da A. De Angelis.

È un caldo pomeriggio di primavera in un tranquillo quartiere residenziale di Sacramento, California, quando Samantha, tredici anni, all’improvviso scompare nel nulla. Sua madre Zoe è attonita, preoccupata, distrutta. Teme che le possa essere successo qualcosa di terribile. Qualcosa che in passato è accaduto anche a lei, e che le ha cambiato la vita. Zoe è disposta a perdere tutto ciò che con fatica ha costruito pur di ritrovarla: il lavoro, la casa, il compagno. Ma la prima ipotesi formulata dalla polizia è quella di una banale ripicca adolescenziale, perché a quanto pare la ragazzina detesta l’uomo che Zoe ha deciso di sposare per regalare a Samantha un’esistenza meno travagliata della sua. Ma se non fosse così? Se Anton fosse sì un maniaco dell’ordine e del controllo, un arrivista interessato a una famiglia di facciata, ma non c’entrasse nulla con la sparizione di Sam? Sono queste le domande che tormentano Jonathan Stivers, l’investigatore privato a cui Zoe ha chiesto aiuto per ritrovare Samantha. È un caso che lo mette in seria difficoltà, e non solo perché ha pochissimi indizi su cui basare le ricerche e ancor meno tempo a disposizione. A complicare la situazione c’è anche la sconvolgente attrazione che prova nei confronti di Zoe, e un sospetto che con il passare delle ore si rafforza sempre di più: Sam è stata rapita da qualcuno che conosceva. Qualcuno che vive vicino alla famiglia e ne ha studiato le abitudini. Qualcuno che non è chi dice di essere.
Io vi dico solo che ho letto questo libro in due serate talmente mi è piaciuto. Mi ha presa moltissimo, ho ritrovato tutto lo stile di scrittura della Novak, in tutto il suo splendore! Come sempre, l’autrice si focalizza sempre di più sull’aspetto psicologico dei personaggi piuttosto che al creare tensione ed inquietudine nella storia. La Novak scrive e descrive cose impressionanti, che sono realmente possibili, ma non ha quello stile di scrittura da sussultare se senti un microrumore durante la lettura. Quello che mi piace di lei è anche questo, perché va a scavare nella psiche del personaggio, mette a nudo i meccanismi che lo muovono, rendendo la storia sempre agghiacciante e particolare. Per intenderci, in un suo libro non troverete mai un semplice serial killer, ma sempre molto di più, come un killer mosso da problemi psicologici che lo portano a pensare e desiderare cose non propriamente umane, spesso anche sadiche.
Fin da subito, quindi, si entra nel vivo della storia, i colpevoli si sanno fin da dall’inizio, il libro è incentrato proprio su di essi. Insomma, un thriller tutto da assaporare, con risvolti sempre più tetri ed agghiaccianti.
Non so voi, ma dopo un libro della Novak ho sempre l’amaro in bocca al pensiero che non è solo fantasia, ma degli squilibrati simili possiamo davvero trovarceli ovunque, senza nemmeno accorgercene.
Del lato psicologico dei thriller, Brenda Novak si riconferma, per me, la regina indiscussa.
Della stessa autrice: “Alaska“, “Hanover House“.
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