Dopo aver letto e recensito il libro “La forma della luce” di Arianna Calandra, ho avuto l’onore di poterla intervistare e togliermi qualche curiosità riguardo al suo bellissimo fantasy!
“La forma della luce” è un romanzo fantasy uscito nel 2019, edito da IDEA, Immagina Di Essere Altro. Un fantasy particolare e interessante, motivo per cui non mi perdo in chiacchiere e vado subito al sodo con le domande che ho posto all’autrice!
- “La forma della luce” è un fantasy molto particolare. Possiede varie similitudini con la realtà attuale, parlando di luce e di ombre. Da cosa viene questa ispirazione?
L’ispirazione è nata quando ho iniziato a interessarmi di tematiche spirituali, leggendo saggi e manuali di filosofi, pensatori, guru e via discorrendo. Leggendo ho realizzato quanto il mondo spirituale fosse presente tra noi, sia nel piano del “fantastico”, dal momento che nulla di spirituale è spiegabile scientificamente, ma anche in quello materiale, in quella stessa realtà dove le persone arrivano a togliersi la vita in nome della religione.
Ecco, volevo dare voce a questo strano limbo dei nostri tempi, attraverso un romanzo che intrattenesse, ma che fosse anche in grado di lasciare al lettore degli spunti di riflessione.
- Mi affascina sempre molto come gli autori giocano con lo spazio-tempo nelle storie, è una cosa molto delicata. È stato complesso gestirlo durante la scrittura o è venuto naturalmente?
Devo ammettere che è stato piuttosto complicato, soprattutto nel primo volume dove i personaggi sono stati prima scritti per intero e solo successivamente incastrati tra loro. È un gioco che richiede un’attenta pianificazione in fase di bozza, in modo da evitare qualsiasi incongruenza dello spazio o del tempo.

- Questo libro era il tuo esordio. Cos’hai provato quando hai avuto nero su bianco la tua bella idea?
Mi ci è voluto un po´ di tempo prima di realizzare che il libro che avevo davanti era il mio. È strano poter toccare con mano qualcosa che poco prima era solo nei pensieri, o al massimo sullo schermo di un PC. È come se all’improvviso si potesse annusare l’acqua o mangiare un panorama.
- Il tuo romanzo ha ben otto protagonisti. Spesso è difficile gestirne anche solo due, come mai la decisione di seguirne ben otto? E quanto è stato complesso?
È stato proprio il tema della spiritualità, portante nel romanzo, a farmi adottare più personaggi. Volevo dare voci a diverse parti del mondo, diverse per cultura e tradizioni. Questa scelta non mi ha di certo facilitato il lavoro, ma non me ne sono mai pentita.
- Fra i personaggi già presentati nel romanzo, qual è il tuo preferito e perché?
Tengo a tutti loro come fossero reali, ammetto però di avere una predilezione per Daniel (Wambli), il ragazzo Lakota. Lui porta l’esempio di una civiltà che ho voluto fortemente nel libro: i Nativi Americani. Daniel incarna i valori più alti della sua cultura, valori per i quali ho una indiscutibile propensione, quali il rispetto e la difesa di ogni essere vivente e della natura nella sua interezza.
- L’ispirazione dei personaggi da dove viene? In base a cosa li hai caratterizzati?
Nel crearli e nel caratterizzarli, mi sono ispirata alla mia realtà più vicina: persone, amici, familiari e sconosciuti, tutti hanno contribuito alla realizzazione di personalità che avessero senso e dignità, che fossero realistiche non solo in quanto esseri umani estrapolati da un contesto, ma anche in quanto figli della propria cultura di appartenenza.
- Mi piace sempre chiedere una cosa a chi scrive fantasy. Com’è la tua esperienza di autrice fantasy in Italia? Spesso è un genere sottovalutato o ricordato solo per poche saghe predilette.
In Italia il fantasy è un genere fortemente sottovalutato. Bollato “per ragazzini” spesso dalle stesse librerie, che lo abbandonano accanto ai libri didattici. Mi rincuora che all’estero gli venga dato il giusto riconoscimento e spero che prima o poi la rivoluzione avvenga anche qui.
Trovo scontato e inutilmente serioso il modo in cui ci si approccia all’editoria in Italia: ghettizzando i generi (non solo il fantasy) e giudicando chi legge determinati libri o autori che non rientrano nell’Olimpo. Personalmente trovo che una forma d’intelligenza sia proprio l’apertura mentale, dare fiducia a qualcosa che si era scartato per partito preso, non avere pregiudizi e non “giudicare un libro dalla copertina”.
- Che cosa ci dobbiamo aspettare dal prossimo capitolo? Io personalmente non vedo l’ora!
Il secondo e ultimo volume di “La Forma della Luce”, spinge sull’acceleratore. I nodi verranno al pettine e il tempo delle riflessioni si esaurirà. I protagonisti saranno costretti all’azione con tutto quello che ne consegue, per tentare di combattere un nemico che in realtà è dentro tutti noi… ma non vi svelo di più!
Beh, che dire. Da molte cose che Arianna dice, traspare che è davvero un’artista, non potete perdervi il suo libro e il suo seguito che uscirà a breve. Come dice lei “La forma della luce” racchiude tanti messaggi, fa riflettere molto e attiva anche il cervello più pigro. Non fatevelo scappare e, ricordatevi, fatemi sapere che cosa ne penserete!
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