Dopo aver letto e recensito il suo dolce libro, “Quando l’amore sfidò la sorte e la ragione“, sono fiera di poter intervistare direttamente l’autrice, Rosa Romano. La recensione la trovate cliccando sul titolo del libro.
Non mi perdo in chiacchiere perché so che la nostra scrittrice ha cose belle e interessanti da dirci, quindi iniziamo subito.
Ciao Rosa, che piacere ospitarti qui, tra le mie 50 mila pagine. Credo davvero che il tuo libro sia un libro che merita di starci e sono orgogliosa di averti qui. Racconta, a me e ai nostri lettori, da dove parte l’idea di “Quando l’amore sfidò la sorte e la ragione“?

Innanzi tutto ti ringrazio per aver scelto di parlare del mio libro che, come hai anticipato, racconta le vicissitudini di un gruppo di donne e uomini durante l’estate del ’43 Come è nata questa storia e come sono nati i miei personaggi? Casualmente, chiacchierando con amiche che ricordavano fatti delle loro mamme e della loro comunità durante il periodo bellico. Da qui il desiderio di approfondire, di capire come le persone, semplici e poco informate hanno vissuto l’incertezza di un periodo travagliato e confuso come l’estate del 1943. Infatti, se da un lato la guerra diventava sempre più cruenta (non più guerra di frontiera, ma di aggressione e di bombardamenti), dall’altro le incerte vicende politiche italiane che – prima con la destituzione di Mussolini (25 luglio), poi con la dichiarazione di armistizio (8 settembre) – alimentavano la speranza di una pace che purtroppo non sarebbe arrivata subito. Nel mezzo c’era la quotidianità difficile, fatta di stenti ma anche di ostinazione, l’ostinazione della resilienza e poi della resistenza. Non la resistenza dei partigiani che arriverà subito dopo, ma quella delle persone normali, semplici, in particolare delle donne, grandi protagoniste del mio romanzo. La prima resistenza l’hanno fatta loro, le varie Annetta, Letizia, Gigliola, Marisa, Mariella… per difendere la famiglia, gli affetti, la casa, “le poche cose che contano” e soprattutto loro stesse.
Che bello Rosa, starei a leggerti per ore perché ciò che hai da dire è un pozzo di sapere. Verissimo è che hai un focus molto accentuato sulle donne, cosa che ho trovato molto piacevole. In più la tua storia ha diversi protagonisti, a cui il lettore si affeziona. Come mai hai deciso di incentrare tutto su diversi personaggi, invece che focalizzarti, per esempio, solo su Antonio e Annetta?
Perché volevo raccontare un momento storico e come si viveva in quel momento. Pensavo ad un racconto corale, che avesse però alcune figure predominanti.
Certo, immagino che sicuramente questo ha aiutato a dare al tuo libro un tono più storico e più d’insieme rispetto al focalizzarsi su una sola dinamica. Hai mai pensato di allungare la storia di questi personaggi? Secondo me c’era ancora molto da dire su ognuno di loro.
Sì, l’idea infatti è di fare un seguito. Sicuramente più denso di avvenimenti.
Ah wow! Che piacere sentirtelo dire. I tuoi personaggi mi avevano così incuriosita che son contenta di questa decisione. Erano già ben caratterizzati, immagino con un eventuale seguito che bel lavoro faresti. Dal tuo romanzo esce fuori molto studio e molta consapevolezza di quel tempo. Hai studiato molto oppure sono tue conoscenze al quale hai attinto?
Una e l’altra. Ho conosciuto persone che hanno vissuto in prima persona quel periodo, alcune sono state anche internate in campi di concentramento, e da lì è nata la voglia di capire e di studiare. Conoscendo la storia mi è stato più semplice inquadrare fatti e persone e capire le loro situazioni.
Tra i vari personaggi, qual è il tuo preferito a cui hai lasciato il cuore?
Tutti. Come direbbe Arthur Miller, erano tutti figli miei. Certo, le donne mi hanno intrigato molto, Letizia in particolare, la più passionale e meno controllabile. Ma anche gli uomini, pensa al Pin, il caro Sciur’Pin che non ne vuole sapere, ma poi ci casca e infine Micuccio, il bambino, la rappresentazione di una sofferenza gratuita non voluta, causata dalle ambizioni di pochi potenti.
Effettivamente Letizia è rimasta molto impressa anche a me. Una bellissima e interessante persona, tutta da approfondire. I tuoi personaggi, infatti, mi sono piaciuti tutti ì perché molto ben caratterizzati, anche se, come ti dicevo prima, mi sarebbe piaciuto leggere almeno altre cento pagine per ognuno. A cosa hai attinto per costruire questi protagonisti?
Qua e là storie di vissuti o anche solo immaginate. Alcune nascono da storie vere o quasi vere, vedi Annetta e Antonio, altre immaginate. Prendi il Pin, col suo carro ambulante. E‘ bastata una foto d’epoca perché nascesse il personaggio.
Il Pin, che meraviglioso personaggio anche lui. Pazzesco pensare che sia nato da una semplice foto d’epoca. Questo significa probabilmente essere scrittori: essere in grado di far partire una storia dal nulla. E, se posso aggiungere, tu lo hai fatto davvero egregiamente.
Ringrazio la nostra cara autrice Rosa Romano, per essersi fatta coinvolgere in questa intervista e, soprattutto, per aver scritto questo bel libro, evocativo di un periodo storico così complesso, come quello della Seconda Guerra Mondiale.
Non mi resta che augurarti un buon proseguimento, di tutto, e ti dico molto onestamente che non vedo l’ora di leggere ancora dei tuoi bellissimi protagonisti. Restiamo tutti in attesa di tue notizie.
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