“Il cielo è lilla, grigio, rosa, arancione e e giallo, il sole è un piccolo bottone caldo e basso e penso all’universo se si aprisse da lì, come una camicia.”
Edito da Garzanti, ecco a voi uno degli esordi letterari più sfavillanti degli ultimi anni! Acquistato in pre-ordine grazie alla bellissima sinossi, non potevo però immaginare quale viaggio bellissimo sarebbe stato leggerlo. L’autrice, allieva della scuola Holden, racconta in questo libro della malattia vissuta da bambina (il linfoma di Burkitt) e dei lunghi mesi passati in ospedale. La cosa che più colpisce del libro è lo stile che lo contraddistingue e lo stravolgimento di alcune delle classiche regole editoriali che spesso ci insegnano, per esempio, riguardo ai discorsi diretti: niente caporali o virgolette per introdurli, virgole non utilizzate o in rari casi. Giulia fa ciò volontariamente e con grande carattere, giocando sulla spontaneità di Mina, la protagonista, e lasciandola parlare esattamente come farebbe un bambino di quell’età, senza quasi respirare, in un flusso di coscienza continuo e travolgente che ti colpisce al petto come un pugno. I discorsi di Mina sono pesanti e complessi per la sua età, spesso toccano argomenti quasi tabù, come la morte, il dolore, la rassegnazione ma con una leggerezza e un’ingenuità da farla sembrare quasi reale, felicemente viva. La spontaneità con cui la protagonista pensa e ragiona è un’onda di forza e dolcezza che ti colpisce e ti porta via. È impossibile non affezionarsi a lei come se la si conoscesse davvero e fosse una figlia, una sorella o, addirittura, una parte di sé.

Durante la lettura ho vissuto infiniti sentimenti; ho sperato e pregato per lei, per Lorenzo (l’amico del cuore di Mina durante il periodo ospedaliero), ho provato pena a tenerezza per la madre di Mina e per Olivia, la sorella minore, perchè quando una malattia di questa portata colpisce qualcuno, tutta la sua famiglia e il suo mondo vengono coinvolti e affondati e Giulia descrive in maniera minuziosa anche i loro stati d’animo. Nel corso della narrazione saremo rapiti dalla fantasia e dalla voglia di vivere di Mina e Lorenzo che, contro ogni avversità, sognano, vivono e si doneranno forza a vicenda tra giochi e marachelle (alcune anche pericolose ma pur sempre comiche), instaurando un legame che ci ruberà più di un sospiro, soprattutto nelle ultime pagine del libro. Ho versato una quantità non definita di lacrime e il mio cuore è diventato un frappè di fragole e arcobaleni riportandomi alle fragilità della me bambina, questo è ciò che è in grado di fare Giulia con il suo stile così evocativo. Davanti ai nostri occhi non scorrono delle semplici righe ma esiste e parla Mina, in carne e ossa che, senza timore e senza filtro alcuno, ci racconta di vita, di morte e di ciò di cui un adulto non oserebbe parlare. Tutto ciò con una semplicità e un’innocenza che solo un bambino può avere. Una lettura in grado di cambiarti, sia nel modo più tecnico di concepire una narrazione sia nella parte più profonda dell’anima. Mina, alias Giulia, toccherà delle corde di cui pensavamo di aver perso conoscenza, evocherà ricordi di un’infanzia lontana ma mai dimenticata e di corse fra noccioli e lucciole all’insegna della vita e della pura innocenza.
Un inno alla vita e alla potenza dell’immaginazione che ogni lettore dovrebbe avere l’onore di potersi dedicare.
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Se ascoltassimo il bambino che è in noi, la sua fantasia ci tirerebbe fuori da tutti i guai. “Io mi chiamo Mina e mi piacciono molte cose: i denti di leone, il tonno in scatola, i libri, la ricotta, le lucciole e soprattutto i draghi, e le fiamme che escono dalla loro bocca. I draghi nessuno li uccide, sono fortissimi, e per questo io mi sento una di loro, infatti la prima volta che ho visto Lorenzo non mi sono neanche spaventata. Lui era infuriato, urlava forte e mi ha lanciato un’occhiataccia. Ma io lo so che era solo molto arrabbiato, come me. Stare qui non ci piace per niente e questo è stato un ottimo motivo per diventare amici. Insieme facciamo sul serio. Siamo davvero due brutti ceffi e di fronte a noi se la danno tutti a gambe, perfino la paura. Contro di lei usiamo l’immaginazione, che ci fa vincere sempre. Che ci fa sentire forti e coraggiosi. E di coraggio ne abbiamo bisogno, per mettere a punto il nostro piano segreto. Un piano di fuga coi fiocchi. Perché io e Lorenzo dobbiamo scappare. Andarcene via dall’ospedale dentro cui viviamo ormai da troppo tempo e raggiungere il mondo fuori. Perché quando rivedremo il cielo ogni cosa cambierà. Perché quando siamo insieme non ci batte nessuno.” Ci sono esordi che risuonano per molto tempo nel cuore di chi li legge. È così per “La bambina sputafuoco”, venduto in tutt’Europa. Noi siamo Mina quando ascoltiamo il bambino che abbiamo dentro. Quando lasciamo che la fantasia ci faccia da guida. Quando ci fidiamo di un’amicizia vera, che non ci fa sentire soli. Tratto dall’esperienza dell’autrice, questo romanzo insegna come il potere dell’immaginazione possa tirarci sempre fuori dai guai.
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