Questa è forse una di quelle recensioni che non avrei mai pensato di dover fare. Diego Galdino, dopo anni a farci sognare l’amore, approda nel panorama letterario con un fantasy storico che del romanticismo se ne fa ben poco. Un azzardo notevole, ma senza dubbio ben riuscito. “Storia di un ospite” è edito da Bertoni editore ed esce ufficialmente il 23 maggio 2022, ma si poteva già assaporare in anteprima in occasione del Salone internazionale del libro di Torino.

La storia inizia nel lontano 80 A.C. quando Lexys precipita sulla Terra tramite una capsula di salvataggio, a seguito di un disguido della navicella su cui si trovava. Al momento dell’impatto si distrugge tutto, così il nostro ospite non ha più modo di tornare da dove è provenuto. Fisicamente è uguale a qualsiasi uomo, ma a livello mentale è molto diverso. Da dove proviene, infatti, le tecnologie sono molto più avanzate e sono in grado di fare cose che, a quel tempo, gli umani terrestri potevano solo sognare. Un’altra delle sue caratteristiche è che lui non invecchia, mai.
In quel momento nella sua mente si fa largo un malsano pensiero: e se rimasse su quel pianeta così antiquato, per sfruttare il suo vantaggio intellettuale e conquistare così tutto il nuovo mondo scoperto? Deve stare molto attento, però. Non invecchiando non può farsi scoprire, altrimenti non riuscirebbe mai nel suo intento, ma se in realtà avesse commesso un errore, secoli e secoli prima? Chi è davvero Lexys e cos’è che farà per conquistare tutta la Terra?
Un fantasy dal taglio storico molto particolare e accattivante. Il romanzo è un viaggio introspettivo nella mente dell’alieno (se così possiamo definirlo) Lexys. Lo vediamo sotto più punti di vista e molteplici sfumature, da quelle più simili a noi umani, quindi sensibili e sentimentali, a quelle più sadiche e senza scrupoli. Il suo obbiettivo è uno solo, ma nel corso dei secoli viene afflitto da qualche dubbio e, quasi per un istante, viene contagiato dall’animo umano.
La cosa folle di questo libro, per me, è senza dubbio l’intreccio storico che viene fatto sapientemente dall’autore. I punti narrati sono molto diversi tra loro e in epoche storiche molto distanti tra loro, ma tra tutte viene posto un minimo comune denominatore che riesce ad accomunarle tutte quante, senza risultare mai forzato o poco credibile.
Il tutto, inoltre, viene condito da un finale degno di essere chiamato tale. Sì, perché nel momento in cui concludi il libro, in realtà, non vorresti mai che quella fosse l’ultima pagina da leggere. Sarei andata avanti ancora e ancora, per capire fino a che punto il nostro Lexys fosse in grado di arrivare perché si intuisce, è un osso duro. E quando il finale ti lascia questa sensazione, non puoi che essere certo di aver letto davvero un bel libro.
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