“Fai del mondo la tua miniera d’oro. E se non funziona? Allora fallo diventare la tua puttana.”
A prima occhiata, queste parole trasudano cinismo e presunzione, un’idea di onnipotenza su chiunque provi a intralciare piani o ideali.
Soffermandocisi quel secondo in più, però, si coglie la vera anima di una tale affermazione: il dolore. La sconfitta. E la forza di rialzarsi nonostante tutto e riprovarci, il coraggio di non mollare. Perché sì, ci vuole più coraggio e grinta per risollevarsi dopo una caduta, che di restare a terra e arrendersi.

Parker Speedman è una giocatrice di calcio molto talentuosa, ma nessun agente la vuole sotto la sua ala per via di un incidente avvenuto l’anno precedente, quando la ragazza ha dato un pugno al suo allenatore sul campo da gioco. Inutile dire che nessuno si è preso la briga di indagare sull’entità del gesto e soprattutto sulle motivazioni che hanno spinto una giovane ragazza a comportarsi così. Perché, di fatto, le ragioni sono molto più profonde della superficialità con cui tutti hanno affrontato la questione.
Quando la ragazza si presenta sulla soglia del rinomato agente Matt Kingston, nonché fratello della sua migliore amica, quest’ultimo è irremovibile: non la rappresenterà. Almeno fino a quando non si troverà costretto a farlo; già perché senza prestare troppa attenzione alla sorella, durante una telefonata con la stessa, si fa strappare la promessa di ospitarle entrambe nel suo loft per un periodo di tempo e di aiutare Parker.
Tra i due non c’è feeling, ma una chimica pazzesca sin da subito. Un pessimo binomio per qualsiasi tipo di relazione stia per nascere. Eppure, Parker è consapevole che l’uomo abbia in mano i suoi sogni e il suo futuro ed è l’unico su cui può contare per realizzarli entrambi. Ma quanto si può rivelare distruttivo un rapporto basato sulla diffidenza e sull’orgoglio?
Beh, come dice il titolo stesso, a volte è il destino stesso che rimescola le carte e decide la partita.
“Era una sensazione disorientante. Avere nostalgia del passato, odiare il presente, essere terrorizzata dal futuro.”
Consiglio questo romanzo per la scrittura fluida e accattivante dell’autrice, che descrive ambientazioni e scene con maestria e precisione, senza mai risultare stancante o fastidiosamente prolissa. Ci fa immergere nella storia e nelle sottotrame un po’ alla volta e con naturalezza, senza mai tenerci all’oscuro di nulla e tuttavia portandoci a divorare le pagine fino alla fine.
Una nota al merito per la delicatezza con cui l’autrice ha affrontato un tema molto difficile, la violenza sulle donne e la disgustosa presunzione di alcuni uomini, che approfittano del loro potere o della posizione che occupano in ambiente lavorativo, permettendosi di pretendere un dominio sulle donne e sul loro corpo, in cambio di un piccolo aiutino nel lancio della loro carriera.
In questo romanzo ci vengono proposte da vicino le conseguenze che un atteggiamento del genere si può portare dietro, nonché le dinamiche psicologiche che si scaturiscono nella mente delle vittime. La paura di non essere ascoltate e credute; il dubbio che siano state loro stesse a incentivare inconsciamente l’atto; il timore di aver assecondato l’aguzzino – mi sembra un termine appropriato – solo per non essersi opposte con maggior impeto.
Ma ciò che non viene considerato, malgrado sia l’elemento che gioca un ruolo fondamentale in quegli attimi, è lo shock. Già, quel meccanismo che il cervello attua sotto forma di disconnessione dal proprio corpo solo perché non riesce a sopperirvi.
Tutto questo ci viene esposto in maniera leggera, parlando nei termini di un romance, ma toccando i punti giusti. Quelli che a me hanno fatto venire i brividi, immedesimandomi in un orrore che è fin troppo facile sminuire o “giustificare” con tanti altri nomi. Si chiama violenza. E nessuno se la merita.
“Perché no significava no.”
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